Il carnevale arcaico di Mamoiada racconta la Barbagia
Battute a parte, tra pochi giorni, i 16 e 17 gennaio, a Mamoiada la festa di Sant’Antonio segna l’inizio del carnevale arcaico mamoiadino.
Si tratta di una tradizione più viva che mai, che travolge questa piccola cittadina nel cuore della Barbagia e che stravolge i suoi visitatori, coinvolgendoli in danze folcloristiche e obnubilandoli con suoni e frastuoni.
Un vero carnevale insomma, solo che ha un che di sacro…
Durante il mio rapido soggiorno a Mamoiada ho avuto l’opportunità di assistere alla vestizione dei piccoli Mamuthones e Issohadores, nella corte interna di una casa tipica. È stato molto emozionante e pur sapendo che si trattava di bambini spaventoso.
Le maschere del carnevale mamoiadino sono due: i Mamuthones e gli Issohadores e le loro origini risalgono con tutta probabilità all’età nuragica, anche perché mascheramenti di questo tipo si ritrovano anche tra il mar Egeo e la penisola iberica, come si può vedere visitando il particolarissimo Museo delle Maschere Mediterranee alle porte del paese (4€).
Questa visita guidata mi ha permesso di capire che si tratta di una tradizione atta a venerare gli animali, ma anche per proteggersi dagli spiriti del male e per propiziare il raccolto. Un vero rito pagano…
I Mamuthones di Mamoiada
La maschera che più mi ha impressionato, ma non credo di fare eccezione, è proprio la loro. Coperti da pellicce scure a loro volta ricoperte da campanacci fissati alla schiena tramite cinghie di cuoio, col viso nascosto da rozze maschere scure, saltellano in sincronia come in un interminabile passo di danza che fa vibrare tutto il circondario al ritmo dei loro campanacci. Veramente impressionante!
Come impressionante, lungo e complesso è il rito della loro vestizione che necessita l’assistenza di mani esperte: la pelle di pecora, qui detta mastruca, viene fissata al corpo con l’aggiunta della serie di pesanti sonagli, le carriga, tramite cinghie di cuoio che vanno legate con maestria affinché non si spostino durante la processione che dura per ore. Ultimo tocco è dato dalla temibile maschera in legno, detta visera.
A parte la sensazione di disagio che provocano quando indossate, queste maschere sono vere opere d’arte e vi suggerisco di passare a far visita a Daniele Mameli, un artigiano appassionato e innamorato del legno.
Oltre al suo negozio potrete visitare la sua collezione personale di maschere realizzate utilizzando legni diversi. Mi ha veramente impressionata.
Gli Issohadores
Ecco, loro mi mettono più a mio agio 🙂
Sono colorati ed eleganti, con pantaloni e camicia bianchi ricoperti da un vivace corpetto rosso detto curittu. Lo scialle legato in vita è particolarmente bello, gli scarponi eleganti e al posto dei campanacci indossano una fila di campanelli in bronzo, gli sonajolos, portati a tracolla. La loro maschera poi è bianca e l’espressione neutra. Tutta un’altra storia…
Il loro “passo di danza” in processione è leggero ed è caratterizzato dal lancio della fune fatta in giunco intrecciato che portano sempre con loro. La soha è lanciata verso la ragazza prescelta come simbolo di buon auspicio e ci tengo a tranquillizzarvi: non fa male. Sorprende parecchio se non si è attente, ma non è per nulla dolorosa.
Ah, nel Museo della Cultura e del Lavoro (4€), che in realtà non è altro che un minuscolo spazio espositivo multimediale (la cui acustica andrebbe nettamente migliorata!), ho scoperto che per gli anziani gli Issohadores sono vestiti ’e turcu.
Mamoiada oltre il carnevale arcaico
Carnevale arcaico a parte, Mamoiada è un paesino tranquillo, come tranquilla è la campagna circostante, caratterizzata da sassi particolari: pietre votive, dolmen, menhir e ovviamente nuraghe.
Il sasso più famoso è sicuramente la Sa Perda Pintà, ovvero la pietra dipinta conosciuta come Stele di Boeli. Una lastra scolpita con cerchi concentrici e coppelle.
Oltre alla stele e ai musei citati precedentemente, vi consiglio una visita al Santuario dei Santi Cosima e Damiano, sede di un importante pellegrinaggio tradizionale che merita di essere raccontato dagli anziani del paese che sanno come far rivivere l’atmosfera che fu…
Altra chiesa da vedere è quella di Loreto.
Dove mangiare
A dire il vero dovrei dire: dove bere? Già, perché la mia esperienza culinaria a Momodia è in realtà collegata a un’ottima degustazione di Cannonau in purezza, protrattasi per ore e culminata con l’acquisto di varie bottiglie… per farne dono ad altri eh!
La cantina nella quale mi sono persa è quella di Sedilesu, la cui degustazione include salumi, formaggi e pane carasau in abbondanza, il tutto servito in una bella sala con vista sulla campagna circostante.
La cosa bella però è il piano interrato nel quale hanno scavato un tunnel per garantire stabilità fisica e termica a botti e bottiglie. Non so se dipenda da questo, ma i loro vini meritano!
A parte questa tappa che vi consiglio, se andate durante il carnevale non avete che l’imbarazzo della scelta tra le decine di stand che propongono qualsiasi piatto e dolce tipico. Ah, i biscotti sardi!
Come arrivare
Come già precisato nel post sulla cultura nuragica Bitti, sono partita da Genova col traghetto Tirrenia della sera che mi ha positivamente sorpresa perché avevo ancora in mente i barconi della Tirrenia di qualche anno fa mentre ora si naviga su mini navi da crociera con tutti i crismi, ma di questo parlerò in un post ad hoc.
Viaggiando con la Tirrenia potete ovviamente imbarcare con la vostra auto oppure optare per l’affitto di un auto a Porto Torres. Ad ogni modo, una volta qui, per raggiungere Mamoiada ci vogliono circa due ore.
A si biri!