Skip to main content
5 min.

Di viaggio, chiromanzia e un po’ di me

Sì, questo è un post senza capo né coda, scritto di getto perché mi andava di raccontare un po’ di me, e sì, sono una che si fa leggere i palmi delle mani viaggio dopo viaggio, ma anche il fondo della tazzina di mate di coca e di caffè e ci son momenti in cui mi ritrovo pure a credere a quel che mi raccontano chiromanti, sciamani e santoni incontrati lungo il cammino… io, che non credo all’oroscopo, che sono agnostica convinta e che per lunghi anni ho fatto del cinismo e della diffidenza un punto d’appoggio vitale.

Iniziò tutto per gioco, il primo sabato di giugno del 2004. Era una bellissima serata calda e stellata e in zona Brera si respirava l’estate. Uscivo da un concerto all’Arcimboldi, uno di quelli a cui andavo ogni tanto per puro piacere e non per lavoro, uno di quelli che lasciano il segno e fanno star bene. Stavo passeggiando con un amico e non facevamo che ridere per la spensieratezza: lui stava cambiando vita e io stavo per passare una settimana al mare nella mia Liguria prima di tornare a Parigi. Solo cose e pensieri belli insomma, quando camminando ho incrociato lo sguardo di una signora che a posteriori definirei felice o forse era solo il riflesso della mio stato d’animo… Non saprei darle un’età, ma ricordo la sua voce leggermente roca a causa delle troppe sigarette fumate e il suo sguardo acceso. Profumava di borotalco. Più che a una cartomante faceva pensare a un’artista, una poetessa direi. Ad ogni modo il mio amico mi ha guardata e ci siam detti “perché no, così ridiamo ancora un po'”. Mi son seduta difronte a lei, ho iniziato mescolare il mazzo posato sul tavolino tondo e a porgerle un numero infinito di carte seguendo le sue istruzioni e lei ha iniziato a raccontarmi una favola straordinaria e moderna in stile Pretty Woman, la mia. Più raccontava e più noi ridevamo. Il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, ho iniziato a vivere quella favola.

Chiromanzia in viaggio

Qualche mese dopo in Russia ho voluto ripetere l’esperienza affidando i palmi delle mie mani a una violista del Mariinsky, ma non fu la stessa cosa: Natalia mi conosceva, non nel privato, ma sapeva già che viaggiavo in continuazione per lavoro, che tipo di frequentazioni avevo ecc. L’unica cosa che mi sorprese fu il suo commento sul fatto che do troppa importanza a ogni minuscolo dettaglio dell’esistenza e del quotidiano e che questo rende infelici anche quando tutto fila liscio. Ci ripenso spesso.

A dicembre del 2004 ha avuto inizio il mio ping pong tra l’Opera di Parigi e il Palau di Calatrava a Valencia e il tempo passato in aeroporto si trasformò da subito nel mio tempo libero. Una sera a Orly un distinto vecchietto di origini franco-birmane mi disse che avevo uno smalto molto interessante (era un gel grigio metallizzato con strisciate rosse) e dopo due cortesi scambi mi propose di leggermi la mano. Lui mi raccontò la fine della favola iniziata durante la mia vacanza estiva in Italia. Mi raccontò solo quello, con un po’ d’anticipo sui fatti…

L’estate successiva l’ho passata in Kenya, tra Malindi, la troppo turistica Watamu e la savana. Un’esperienza che ha fatto traballare le mie certezze e la determinazione che fino ad allora aveva caratterizzato la mia vita in teatro. La realizzazione che il Mal d’Africa esiste. Il ragazzino che mi lesse il fondo di caffè non mi parlò di questi stravolgimenti però, ma del mio non avere figli e del fatto che avrei avuto più di un lavoro alla volta, per tutta la vita. Anche a questo ripenso spesso in realtà, anche perché pare avesse proprio ragione e non ho ancora capito se sia un bene o meno.

Al rientro dal Kenya sono stata parecchio male per i motivi sopraccitati e un caro amico iniziò a regalarmi un libro di Terzani dietro l’altro. Fino a quel giorno Terzani era per me il giornalista di guerra ex collega del nonno all’Olivetti e non conoscevo i suoi testi, che mi hanno però aperto un nuovo mondo fin dai primi paragrafi letti. Con Un indovino mi disse la mia voglia di viaggiare via terra, lentamente, chiacchierando con la gente e condividendo pezzi di vita lungo il cammino è diventata quasi una condizione essenziale per spostarmi e, va da sé, anche il continuare a farmi leggere il futuro nelle pieghe della mano.

Da quella lettura e per qualche anno l’Asia è stata la meta principale dei miei viaggi: Cambogia, Laos, Thailandia, Sri Lanka, Cina, Myanmar, Indonesia, Filippine e Malesia. Tutti paesi nei quali chiromanzia è sinonimo di arte, l’arte del raccontare il futuro, ma anche la persona nei suoi tratti caratteriali distintivi ed è questo quello che maggiormente amo.

Farsi leggere la mano è eccitante, divertente e a volte fa anche un po’ paura. Te ne stai seduta, quasi sempre scomodamente, mentre scrutano i tuoi palmi e vi tracciano segni con la penna, molto spesso senza degnarti di uno sguardo, e parlano mentre tu studi i loro occhi e il tono della voce stando ben attenta a non proferire verbo per non influenzarli in nessun modo… già, perché a parte i saluti iniziali e la domanda di rito circa luogo, data e ora di nascita io non dico né chiedo mai nulla fino a che non hanno finito e così sono sempre un po’ forzati ad andare a ruota libera. Si vede subito l’inetto, ma anche chi a suo modo ci mette passione.

Non scorderò il vecchietto secco secco che per primo mi parlò dei miei futuri e crescenti problemi al colon, all’ombra di un tamarindo a pochi passi dal ponte U Bein a Amarapura, né l’imbronciato chiromante che sulla spiaggia di Unawatuna mi raccontò il dolore di una persona a me vicina e il mio doverci essere. A onor del vero, ho messo in un unico calderone quanti (tanti) mi hanno sommersa da bla bla bla di soldi, amore e figli, problemi sul lavoro che poi si risolvono, felicità eterna e perigliosi viaggi di rientro…

Questi incontri mi servono? Mi influenzano? No, in nessun modo, ma sono diventati una piccola tradizione personale, un momento di relax che mi concedo quando incrocio uno sguardo che mi ispira all’uscita di un tempio o su un polveroso ed esotico marciapiede. E poi mi piace prendere nota di quanti mi raccontano le stesse cose della mia – pare – tormentata persona mentre penso che Mata Hari e Sarah Bernhardt l’hanno fatto prima di me.

Tu l’hai mai fatto?

 

Print Friendly, PDF & Email
Silvia's Trips

Hi there! My name is Silvia and after 15 years between the Paris Opera and the Palau de les Arts in Valencia I now run a boutique hotel in Cinque Terre, deal with tourism management and blogging, sail, horse-ride, play guitar and write about my solo trips around the world. For more info about me and my travel blog check my full bio.