Viaggio a Bitti, culla della cultura nuragica
Qualche settimana fa ho scoperto, con vergognoso ritardo, la cultura nuragica.
Ho passato quattro splendidi giorni in Barbagia, nel nord della Sardegna e la mia prima tappa è stata Bitti, nel cuore del nuorese, in una vallata selvaggia circondata da splendidi colli, rocce granitiche, corsi d’acqua e una profumatissima macchia mediterranea.
Nell’area di Bitti ho capito quanto i miei studi di archeologia all’università siano stati incentrati solo sulla cultura classica e quanto in generale lo sia l’archeologia nel mondo occidentale.
La cultura nuragica
Questo territorio, abitato già in età preistorica, raggiunse un’importante sviluppo socio-culturale e nel complesso nuragico di Romanzesu tutto lo testimonia.
Già il parco di per sé è bellissimo, immerso in un bosco di sughere e costellato da rocce granitiche ricoperte da muschio color smeraldo. Proprio come una foresta incantata.
Le centinaia di sughere che si susseguono lungo i vari sentieri del complesso sono tutte a uno stadio di estrazione differente e questo rende il tutto ancora più suggestivo. Vi rassicuro, la pianta non soffre! Ovviamente ho chiesto subito informazioni in merito…
L’estrazione del sughero interessa solo la corteccia, che è una parte morta della pianta. La prima estrazione si effettua ai 25 anni della pianta e poi ogni 9-10 anni.
La visita guidate si snoda alla luce filtrata da queste piante secolari, sotto alle quali si possono notare varie capanne nuragiche, di forma circolare e adibite fin dall’età del bronzo medio (XVI secolo a.C.) evoluto a abitazioni.
Si trattava di spessissime strutture in granito alte circa due metri, dal pavimento battuto in argilla sopra a strati di sughero per garantirne l’isolamento (!). Al centro si possono ancora notare i focolai circolari con sbocco sull’entrata per facilitare la gestione dei tronchi da bruciare e le sedute laterali.
La copertura, di cui ovviamente non resta traccia, era lignea e poggiava su un’ossatura conica coperta da frasche o canne e impermeabilizzata da argilla e da un’ulteriore copertura vegetale. Insomma, erano grandi ingegneri!
A partire dal XIII secolo a.C. il villaggio di Romanzesu visse un intenso sviluppo edilizio e quindi culturale. Accanto all’insediamento vennero costruiti edifici di tipo cultuale.
Ad oggi ne sono stati scavati solo cinque e quello che mi ha più colpita è proprio quello che portò alla scoperta del sito tra le due guerre mondiali. Cercando l’acqua per irrigare, i contadini affittuari del terreno trovarono un tempio a pozzo collegato ad un anfiteatro a gradoni, probabilmente adibito a riti ordalici.
Il culto delle acque rimanda Romanzesu alla fonte sacra di Su Tempiesu nella vallata del fiume Isalle, che purtroppo non sono riuscita a visitare, ma che grazie ad una frana che l’ha sepolto per secoli è conservato perfettamente. Devo assolutamente tornare in Sardegna 😉
Molto bello anche il tempio concentrico spiraliforme labirintico che si trova vicino all’entrata del Parco. È costituito da due cinte murarie e una capanna centrale alla quale si accede seguenti obbligatoriamente l’intera spirale, la cui funzione era probabilmente quella di purificare la persona prima dell’ingresso…
Altre cose da fare a Bitti
Molto interessante il piccolo Museo della Civiltà Contadina e Patorale, situato nell’antico quartiere di Monte Mannu e ospitato in un affascinante vecchio rione.
Al suo interno poi c’è una zona riservata al Museo del Canto a Tenore che ho avuto modo di scoprire qualche giorno dopo a Supramonte e che mi ha molto emozionata. Cose belle e peculiari delle nostre tradizioni regionali. Cose che spero non si perdano mai.
Dove dormire (e mangiare!)
L’hotel ristorante Su Lithu è sorprendente. La famiglia che lo gestisce lo considera casa e spontaneamente anche quando si è loro ospiti ci si sente a casa, tra oggetti di famiglia, note di colore e un’infinità di dettagli che lo personalizzano.
La struttura domina il borgo di Bitti e dai balconi si gode un bellissimo panorama sulla vallata e i tetti del borgo.
Il colpo di fulmine però l’ho avuto nella piccola sala da pranzo in cortile, gustando prelibatezze sarde al calore e alla luce soffusa del grande focolare…
Come arrivare
Da Genova niente è più comodo del traghetto Tirrenia della sera che permette di scoprire la costa sarda e Porto Torres al risveglio. In realtà avevo in mente i barconi della Tirrenia di qualche anno fa e all’imbarco al terminal traghetti sono stata piacevolmente sorpresa nel constatare che ora si naviga su mini navi da crociera con tutti i crismi, ma l’esperienza a bordo merita un post ad hoc.
Viaggiando con la Tirrenia è ovviamente possibile imbarcare anche la propria auto o magari il proprio scooter per chi vi si reca nella bella stagione… se invece siete “a piedi” come la sottoscritta, potrete affittare un auto arrivando a Porto Torres o se siete maniaci dell’organizzazione come me, potete cercare la migliore tariffa online prima di partire.
Da Porto Torres si deve proseguire per Sassari e da lì si deve percorrere la strada provinciale Ozieri-Pattada-Buddusò-Bitti.
Ah, nuraghe deriva dal prelatino Nur ovvero mucchio di pietre, oppure dal fenicio Nur ovvero fuoco oppure da Norax o Norace, eroe iberico… insomma, a me non è proprio molto chiaro da cosa derivi…